Milano, vetrate senza permessi su ‘logge’ e balconi: l’impatto sulla città. Ma per l’Urbanistica è un grattacapo
Il decreto Aiuti-bis di ieri ha chiarito che l’installazione di vetrate panoramiche rientra tra gli interventi in ediliza libera, ma il caso è di difficile soluzione dal punto di vista normativo
Coprire balconi e logge con le vetrate “amovibili”, quelle che scorrono e hanno strutture leggere. Sarà possibile senza permessi, con l’approvazione del decreto Aiuti-bis da parte del Senato che porta con sé una modifica al Testo unico dell’edilizia. Rivoluzione in vista per la nostra città, dove c’è fame di spazi aperti come il pane, e per di più il prezzo delle case da record rende appetibile ogni metro quadro in più? O bomba a orologeria sull’estetica dei profili delle nostre vie? A testo ancora caldo, i pareri degli addetti ai lavori si fanno già assai discordanti, mentre gli uffici dell’Urbanistica del Comune stanno studiando il caso per capirne portata e conseguenze.
Ma andiamo con ordine. Fino a ieri, questi interventi sono spesso finiti a Tar e Consiglio di Stato. La linea prevalente della giurisprudenza è stata di equipararli alle verande, con la creazione di nuovo volume e richieste di oneri di concessione urbanistica. “Il quadro è variabile da zona a zona, dove possono insistere vincoli particolari”, spiega Virgilio Fagioli, presidente regionale di Anaepa, la Confartigianato dell’edilizia. In linea di massima, la vecchia trafila prevede che si parta “da un progetto da sottoporre all’amministratore di condominio e, una volta ottenuto l’ok, ci si affida a un tecnico che predispone una simulazione fotografica e apre una vera e propria pratica edilizia presso il Comune”. Sbloccata la cosiddetta Cila, si procede con l’installazione. “Ma non è detto che non sorgano contestazioni successive, tanto che si cerca di adottare le soluzioni più ‘leggerè e rimovibili possibili in caso si renda necessario smontarle”.
Ora, il decreto emendato e approvato a Palazzo Madama inserisce tra le attività in edilizia libera gli “interventi di realizzazione e installazione di vetrate panoramiche amovibili e totalmente trasparenti”, le cosiddette Vepa. Devono rispettare alcune caratteristiche: esser temporanee, proteggere dagli agenti atmosferici, migliorare le prestazioni acustiche e la dispersione di calore, offrire una parziale impermeabilizzazione di balconi e logge dalla pioggia. Il limite invalicabile è che “non configurino spazi stabilmente chiusi”, in modo da aumentare la volumetria degli immobili o far cambiare la destinazione d’uso delle superfici, da “accessorie” a “utili”.
In pratica, non si può creare una stanza e non si possono installare elementi che facciano desumere una presenza ai fini abitativi. Per di più, “devono favorire una micro-aerazione” e “ridurre al minimo l’impatto visivo e l’ingombro apparente” e tali “da non modificare le preesistenti linee architettoniche”.
Secondo Vito Chirenti, presidente dell’associazione di filiera Assvepa, è una “buona notizia per aziende e famiglie”. Si “liberalizzano i passaggi autorizzativi”, aggiunge Fagioli e quindi non si deve più passare dall’apertura di una pratica edilizia. “E’ come se fossero equiparate alle tende da sole”, esemplifica Marcello Rossi, architetto milanese del Consiglio nazionale della categoria. “Sfuggono dunque alla verifica delle norme igienico-sanitarie, ad esempio sui rapporti aeroilluminanti”.
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